LETTERA AI SACERDOTI DELLA REGIONE

I Vescovi della Campania, come frutto del Convegno “Una liturgia per l’autentico umanesimo sgorgante dal Vangelo”, tenutosi a Pompei (Na) lo scorso mese di gennaio, hanno voluto scrivere una lettera ai sacerdoti della Regione, indirizzando “una parola che sia di incoraggiamento e tracci allo stesso tempo un percorso di impegno”.

Astare coram Te et Tibi ministrare

(Benedetto XVI, “Omelia Messa Crismale 20.03.2008”)

Lettera dei Vescovi della Campania  ai Presbiteri delle loro Chiese

Carissimi,

lo scorso 24 gennaio, nel contesto del Santuario mariano di Pompei, abbiamo vissuto un’intensa giornata di ascolto e di riflessione intorno alla liturgia, quale scuola del nuovo e vero umanesimo in Cristo. Ci hanno guidato le stimolanti parole di papa Francesco (Evangelii gaudium, par. 24): «Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nell’evangelizzazione. L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la qua­le è anche celebrazione dell’attività evangelizza­trice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi». Abbiamo inoltre voluto vivere con grata memoria l’evento del Concilio Ecumenico Vaticano II a cinquant’anni dalla sua realizzazione, allora salutato come una novella Pentecoste e, in particolare, dalla prima costituzione, la Sacrosanctum Concilium, da cui è scaturita la generale riforma della Liturgia. Questo nostro trovarci insieme ha costituito anche un primo passo verso il Convegno di Firenze, evidenziando il nesso profondo e costitutivo tra l’azione liturgica, culmen et fons della vita ecclesiale e le cinque vie proposte dalla Traccia per il cammino verso il Convegno, essendo la liturgia il luogo specifico dove lo Spirito “forgia” l’uomo nuovo in Cristo.

Sentiamo innanzitutto il bisogno di rendere grazie al Signore per la numerosa, gioiosa e solerte partecipazione ai lavori del Convegno e perché tanta grazia non vada perduta avvertiamo l’urgenza di indirizzarvi una parola che sia di incoraggiamento e tracci allo stesso tempo un percorso di impegno.

 Dare respiro alla      formazione

Le nostre comunità hanno accolto generosamente la riforma liturgica, a norma dei decreti del Concilio Vaticano II, e i nuovi libri liturgici. Il trascorrere degli anni, però, ha reso tutti noi più avvertiti del fatto che la formazione non è un dato per sempre acquisito, ma piuttosto continuamente da rinnovare. Oggi più che mai l’apprendimento dell’ars celebrandi è un impegno mai definitivamente compiuto, che si presenta sempre nuovo e urgente nel novero delle nostre responsabilità pastorali. Ne siamo effettivamente consapevoli. Ce lo ricordava papa Benedetto XVI nella Sacramentum caritatis, come ce lo ricorda continuamente papa Francesco: la formazione all’ars celebrandi dei fedeli e delle altre figure ministeriali la si ottiene solo se di essa è autenticamente impregnato lo stesso pastore. Il sacerdote nella celebrazione compie un servizio a Dio e un servizio agli uomini. Il momento storico che stiamo vivendo ci chiede di riscoprire la bellezza di celebrare bene le liturgie, rifuggendo la fissazione del rubricismo, ma senza perdere di vista che compiamo gesti che abbiamo ricevuto e che nella loro natura devono parlare e far parlare un Altro e non noi stessi. La vera ars celebrandi ci impedisce di diventare funzionari del sacro, rendendo piuttosto sacra la nostra umanità. Davvero essa favorisce il vero senso del sacro quando è attenta all’armonia del rito, dell’arredo, del luogo, senza introdurre o permettere sbavature. Come pastori abbiamo sempre bisogno di tornare ai libri liturgici e alle ricche introduzioni (Praenotanda) e farle conoscere alle nostre comunità, in particolare a coloro che collaborano alla preparazione della liturgia e in essa intervengono con ruoli ministeriali. L’approfondita conoscenza dei libri liturgici, compresi quelli ormai usciti in seconda edizione con specifici adattamenti alla realtà italiana, consente di realizzare liturgie preparate e non improvvisate, calibrate sul concreto vissuto della comunità celebrante, ben utilizzando le alternative che il rituale stesso propone e senza cedere alla tentazione dell’inventiva, tanto fuorviante quanto sterile e aleatoria. Preparare liturgie veramente degne richiede un rilancio dei gruppi liturgici parrocchiali costituendoli, dove mancano, e, dove già ci sono, iniettandovi una buona dose di entusiasmo. Ciò comporta l’attenzione e la valorizzazione di tutti i registri in cui si esprime l’azione liturgica: silenzio, parola, canto, gesti, posture, movimenti, immagini… L’esperienza stessa conferma che «la semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni posti nell’ordine e nei tempi previsti comunicano e coinvolgono di più che l’artificiosità di aggiunte inopportune» (Sacramentum caritatis, 40).

 Mantenere vivo il legame liturgia-vita

«Il culto che Cristo ha reso al Padre è stato il donarsi sino alla fine per gli uomini. In questo culto, in questo servizio il sacerdote deve inserirsi. Così la parola “servire” comporta molte dimensioni. Certamente ne fa parte innanzitutto la retta celebrazione della Liturgia e dei Sacramenti in genere, compiuta con partecipazione interiore. Dobbiamo imparare a comprendere sempre di più la sacra Liturgia in tutta la sua essenza, sviluppare una viva familiarità con essa, cosicché diventi l’anima della nostra vita quotidiana. È allora che celebriamo in modo giusto, allora emerge da sé l’ars celebrandi, l’arte del celebrare. In quest’arte non deve esserci niente di artefatto. Deve diventare una cosa sola con l’arte del vivere rettamente. Se la Liturgia è un compito centrale del sacerdote, ciò significa anche che la preghiera deve essere una realtà prioritaria da imparare sempre di nuovo e sempre più profondamente alla scuola di Cristo e dei santi di tutti i tempi» (Benedetto XVI, Omelia della Messa Crismale, 20.03.2008). La liturgia e la vita devono camminare di pari passo, certamente, ma è la liturgia che deve trasformare la vita: non accada che le brutture del quotidiano guastino la bellezza della celebrazione. Dal Mistero celebrato troviamo forza per affrontare e vincere le misteriose derive dell’esistenza. Nel contesto liturgico l’attenzione ad ascoltare e a “tenere tra le mani” Cristo ci educa ad assistere e ad accarezzare con la stessa devozione e dedizione i poveri e qualsiasi realtà di fragilità umana. Nei gesti liturgici, sobri e solenni, si apprende anche quello stile di approccio alle membra doloranti del Corpo mistico. Così le nostre liturgie diventano concreta esperienza – come dicono gli Orientali – dell’ora del Tabor, con il risultato di vedere trasfigurata un’umanità spesso segnata da sconforto e depressione. La quinta via del “trasfigurare attraverso la liturgia” – come ci ricorda la Traccia per il prossimo Convegno di Firenze – diventa la possibilità di aiutare il Popolo di Dio a recuperare la Speranza. Una liturgia “fatta bene” spinge lo sguardo oltre e permette di vedere quell’umano autentico che al di là dei limiti del peccato e della morte costituisce la nostra reale identità. Avvertiamo l’urgente bisogno di ridare all’assemblea domenicale il suo volto autentico di “luogo della speranza”, in cui far emergere la bella umanità liberandoci dalla paura della morte. «Questo è (…) il senso della festa e della Domenica, che sono spazi di vera umanità, perché in esse si celebra la persona con le sue relazioni familiari e sociali, che ritrova se stessa attingendo a una memoria più grande, quella della storia della salvezza» (In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Una Traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, p. 54).

 Una rinnovata cura      dell’Omelia

Un momento della celebrazione che ci interpella in modo tutto particolare, perché parte integrante dell’azione liturgica e propria del compito della presidenza, è l’omelia. Se ne parla ampiamente nell’Introduzione all’Ordinamento del Lezionario della Messa (nn. 24-27), insegnamento che viene ripreso sinteticamente nell’Ordinamento Generale del Messale Romano (nn. 65-66). Ha avuto particolare attenzione nei due ultimi Sinodi ordinari dei Vescovi e pertanto su di esso si soffermano accuratamente le esortazioni post-sinodali del papa Benedetto XVI, Sacramentum caritatis (2007) al par. 46, e Verbum Domini (2010) ai parr. 59 e 60. In entrambe il Pontefice avanzava la richiesta alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti dell’elaborazione di un Direttorio omiletico, che nel febbraio scorso è giunto nelle nostre mani. Ampio spazio – come sappiamo – dedica all’omelia l’attuale pontefice nell’Evangelii gaudium, riservandole ben dieci paragrafi (nn. 135-144). Non solo: quotidianamente, nella celebrazione feriale di Santa Marta, si offre a noi quale esempio di vero omileta, in ascolto della Parola e attento alla vita delle persone e della Chiesa nella concretezza del vissuto del nostro tempo. Abbiamo quindi dove attingere per imparare la delicata ma imprescindibile e preziosa arte dell’omileta. Alla base di questa arte sta da una parte la conoscenza dello strumento principe, il Lezionario, con la sua articolazione e con i principi teologico-liturgici che la sorreggono (vedi tutto il capitolo I dell’Introduzione); e dall’altra parte sta la cura della propria vita interiore posta decisamente alla scuola della Parola e allo stesso tempo – secondo l’efficace immagine usata da papa Francesco – pienamente impregnata dell’ “odore delle pecore”.  Porgere l’omelia, spezzare il pane della parola è compito prettamente presidenziale. Il sacerdote, però, nel prepararla, oltre al ricorso ai molteplici sussidi in circolazione, saprà porsi in ascolto del suo gregge e potrà accogliere anche suggerimenti e richieste emergenti dal gruppo liturgico col quale predispone la liturgia domenicale. Non va infine trascurato l’impegno ad affinare le proprie capacità comunicative, da un lato attraverso la verifica costante dell’interazione e dell’apprendimento della comunità, dall’altro anche attraverso letture e approfondimenti specifici.

Il rilancio della formazione ministeriale

Un ambito che può dare molto alla realizzazione di «una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 49), è certamente la formazione delle figure ministeriali che intervengono nella celebrazione. In particolare si pensi ai lettori, al salmista, agli accoliti, alla schola o coro – posto veramente a servizio del canto di tutta l’assemblea – e ai ministranti. Si tratta di una formazione che va impostata su un duplice registro. L’acquisizione delle competenze pratiche relative al ruolo ministeriale da svolgere nell’assemblea e per l’assemblea deve poggiare su una ininterrotta preparazione interiore e spirituale, biblica e liturgica insieme.

La forza evangelizzatrice della pietà popolare

Meritevole di grande attenzione, perché recante in sé una forza attivamente evangelizzatrice, la pietà popolare va accostata con “connaturalità affettiva” (Evangelii gaudium 125), proseguendo con paziente dedizione pastorale nell’opera di purificazione e di orientamento al Vangelo, camminando coraggiosamente lungo la strada tracciata dal nostro Decreto del 2013 Evangelizzare la pietà popolare. Papa Francesco ne parla ampiamente nella Evangelii gaudium (parr. 90 e 122-126) e vi individua un’autentica espressione dell’azione missionaria spontanea del Popolo di Dio, realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è protagonista (cf. Evangelii gaudium 122). A noi tocca non solo correggere ed eliminare le storture perché vi spiri l’aria fresca del Vangelo, ma anche valorizzare tutti gli aspetti positivi, perché portatrice e alimentatrice di «spazi di vera umanità» e di autentica vita cristiana.

La cura della casa comune

La cura di una liturgia autentica e del culto gradito a Dio non prescinde o rifugge, anzi richiede l’impegno per la cura dell’ambiente, per l’ecologia. «I Sacramenti – ci ricorda papa Francesco al n. 235 di Laudato si’ – sono un modo privilegiato in cui la natura viene assunta da Dio e trasformata in mediazione della vita soprannaturale. Attraver­so il culto siamo invitati ad abbracciare il mondo su un piano diverso. L’acqua, l’olio, il fuoco e i colori sono assunti con tutta la loro forza sim­bolica e si incorporano nella lode. La mano che benedice è strumento dell’amore di Dio e riflesso della vicinanza di Cristo che è venuto ad accom­pagnarci nel cammino della vita. L’acqua che si versa sul corpo del bambino che viene battez­zato è segno di vita nuova. Non fuggiamo dal mondo né neghiamo la natura quando voglia­mo incontrarci con Dio». Veramente nella liturgia della Veglia pasquale tocchiamo con mano come nel Cristo, vincitore del peccato e della morte, Alfa e Omega, principio e fine di tutte le cose, «ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova e tutto ritorna alla sua integrità» (orazione dopo la settima lettura). Non possiamo pensare di rendere culto a Dio deturpando quello che egli ha creato buono e ha rivestito della novità pasquale, «nella speranza che la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8, 20-21).

In conclusione, carissimi fratelli nel presbiterato, provvidi nostri collaboratori nella guida pastorale delle care e belle comunità cristiane della Campania, vi giunga il nostro grazie per quello che fate e per l’impegno che mettete nel rendere le liturgie sempre più vere e più belle, capaci di evangelizzare e di generare l’autentico umanesimo sgorgante dal Vangelo. Dalla liturgia, culmine e fonte della sua vita e della sua azione, la Chiesa, le nostre Chiese, riceveranno nuovo impulso per la missione, per essere veramente “Chiesa in uscita”. Carissimi, «in questo momento di grandi cambiamenti epocali, [la Chiesa] è chiamata ad offrire più fortemente i segni della presenza e della vicinanza di Dio. Questo non è il tempo per la distrazione, ma al contrario è il tempo in cui rimanere vigili e risvegliare in noi la capacità di guardare all’essenziale. È il tempo per la Chiesa di ritrovare il senso della missione che il Signore le ha affidato il giorno di Pasqua: essere segno e strumento della misericordia del Padre» (Francesco, Omelia ai I Vespri della II dom. di Pasqua del 2015). L’Anno Giubilare della Misericordia, che si aprirà il prossimo 8 dicembre, risponde a questa esigenza; esso sarà vissuto sotto la guida del Vangelo secondo Luca (Anno C), lo scriba mansuetudinis Christi (Dante) e vuole offrire l’esperienza viva della vicinanza del Padre, il toccare con mano la sua tenerezza. Il luogo e lo spazio dove la misericordia si rende palpabile è la liturgia non disgiunta dalla vita. Insieme ai sacramenti, in modo particolare della Riconciliazione e dell’Eucaristia, il Santo Padre ci invita a riscoprire le opere di misericordia corporali e spirituali. In questo Anno della Misericordia siamo invitati, soprattutto nel tempo quaresimale, a porre con convinzione di nuovo al centro della nostra vita e del nostro ministero «il sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia» e come confessori ci sentiremo «chiamati ad essere sempre, dovunque, in ogni situazione e nonostante tutto, il segno del primato della misericordia» (Misericordiae Vultus, 17).

Come vescovi condividiamo e invitiamo tutti a condividere il desiderio del Santo Padre «che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio» e che «a tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi» (Misericordiae Vultus, 5). Su questo impegno che ci vedrà tutti gioiosamente all’opera, di cuore impartiamo la nostra benedizione nel Nome del Signore. Ci accompagni lo sguardo materno e dolce di Maria «che ha avuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta uomo» (Francesco, Angelus del 17.03.2013).

I Vescovi delle Chiese della Campania

Pompei, 5 ottobre 2015

 

 

Please follow and like us: