Con la Lettera Apostolica in forma di Motu proprio “Aperuit illis” del 30 settembre 2019, Papa Francesco ha istituito la Domenica della Parola di Dio, fissandola per la terza domenica del tempo ordinario.
Il Pontefice, nella Lettera, spiega la motivazione di questa scelta. La Domenica della Parola si trova collocata, infatti, «in un momento opportuno di quel periodo dell’anno, quando siamo invitati a rafforzare i legami con gli ebrei e a pregare per l’unità dei cristiani. Non si tratta di una mera coincidenza temporale: celebrare la Domenica della Parola di Dio esprime una valenza ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere a un’unità autentica e solida». La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, infatti, si apre da sempre con la giornata dedicata al dialogo ebraico-cristiano. Giorni intensi di incontri e di preghiere che danno alla Domenica della Parola una cornice molto significativa. La Parola di Dio è, infatti, la grande ricchezza comune agli ebrei e alle diverse confessioni cristiane che in questa Parola si riconoscono e in essa trovano la Sapienza per vivere alla luce del mistero di Dio che guida a trovare strade di pace, di giustizia, di fraternità.
Sempre nella Lettera, papa Francesco indica anche alcune modalità per evidenziare l’importanza di questa giornata: «Le comunità troveranno il modo per vivere questa Domenica come un giorno solenne. Sarà importante, comunque, che nella celebrazione eucaristica si possa intronizzare il testo sacro, così da rendere evidente all’assemblea il valore normativo che la Parola di Dio possiede». Indicazioni discrete, che evidenziano però l’attenzione del Papa e sottolineano la necessità per il popolo cristiano di accostarsi alla Parola di Dio, fonte genuina e sempre attuale a cui attingere, sia personalmente che comunitariamente, nelle situazioni di gioia, precarietà e fatica con cui l’umanità è da sempre chiamata a fare i conti.
La Parola è per tutti
La Parola di Dio è un codice di felicità che parla a tutti, credenti e non credenti, perché parla di valori irrinunciabili: pace, giustizia, fraternità, consapevolezza del nostro essere creature soggette al limite, alla precarietà… Soprattutto, questa Parola fa luce sulla consapevolezza che siamo abitati da qualcosa di più grande di noi e che, proprio per questo, aneliamo all’infinito.
Leggere la Bibbia sembra un’impresa difficile. È una raccolta di libri antichi, scritti in contesti culturali e sociali molto lontani dai nostri e questi pensieri frenano un po’. Certo, alcuni testi richiedono strumenti culturali per essere compresi nella loro complessità, però nella sua essenza la Bibbia parla di noi, è la nostra storia fatta di grandi eventi, ma anche di quotidianità, di fatiche e di paure, di pace e di guerre, di morte e di vita. In questo momento penso, per esempio, a un libro della Bibbia che può essere considerato il libro di preghiera per eccellenza: I Salmi.
Nei Salmi c’è tutto: lode, stupore per le meraviglie del creato e della creatura umana, rendimento di grazie, paura, rabbia, delusione, senso di fallimento e di abbandono, fiducia nelle promesse del Signore, pace, nostalgia di un mondo buono e riconciliato… Ci sono invocazioni quasi temerarie, di rimprovero a Dio che sembra non accorgersi del dolore e della fatica che accompagnano i nostri giorni. Per questo i Salmi si pregano da molti secoli e sono sempre attuali, perché il cuore umano da sempre fa i conti con la gioia, ma anche con la fatica di vivere ed è abitato da questi sentimenti. Queste preghiere attraversano il tempo e cancellano frontiere, perché la paura, il dolore, ma anche la gioia e la speranza non fanno distinzioni di tempo, di luogo, di culture o di colore della pelle; parlano lo stesso linguaggio e lì siamo davvero tutti uguali, tutti fratelli e sorelle che camminano, sperano, lavorano e pregano il Padre della vita.
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