Sinodo: «Curare le famiglie ferite»

La “Relatio post disceptationes” letta dal card. Erdo

La famiglia oggi affronta diverse prove, tra le quali le più grandi sono la solitudine, la precarietà lavorativa e l’individualismo esasperato, si legge nella Relatio post-disceptationem letta dal presidente dei vescovi europei, cardinale Peter Erdo. Ogni continente ha le sue peculiarità, dalla poligamia in Africa ai matrimoni misti laddove la religione cattolica è minoritaria, fino alla prassi delle convivenze nelle società occidentali (e non solo). Esiste però un diffuso desiderio di famiglia, che costituisce una sfida per la Chiesa.

Ed ecco il metodo di lavoro che emerge dal documento di metà Sinodo: “Il principio di gradualità del piano salvifico divino”. In base alla “dottrina dei gradi di comunione, formulata dal Concilio Vaticano II”, esiste un “modo articolato di partecipare al Mysterium Ecclesiae da parte dei battezzati”. In buona sostanza è questa indicazione il dato principale del documento intermedio del Sinodo straordinario: si tratta della dottrina della gradualità, che ha trovato ampio spazio nel dibattito che ha preceduto il Sinodo, a partire dalla innovativa inziativa di Papa Francesco del questionario delle 38 domande.

La prospettiva dunque, è “inclusiva” e consente di riconoscere elementi positivi “anche nelle forme imperfette che si trovano al di fuori della realtà nuziale”, così come nelle altre religioni e culture. “Una dimensione nuova della pastorale familiare odierna consiste nel cogliere la realtà dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, anche delle convivenze”.

Per quanto riguarda le prospettive pastorali, “l’annuncio del Vangelo della famiglia costituisce un’urgenza per la nuova evangelizzazione”, da attuare con il protagonismo degli stessi coniugi e delle famiglie, in un’ottica di conversione missionaria. Si chiede che cambi il linguaggio “perché esso risulti effettivamente significativo”: non si tratta di presentare una normativa ma di proporre valori. Occorre curare la preparazione al matrimonio, e poi ancora seguire i primi anni della vita matrimoniale.

Anche nelle unioni civili e nelle convivenze “è possibile cogliere autentici valori familiari o almeno il desiderio di essi. Occorre che l’accompagnamento pastorale parta sempre da questi aspetti positivi”. “L’obiettivo è trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce dei Vangelo”.

Alle famiglie ferite è dedicata una parte importante della Relatio: per loro si chiedono “scelte pastorali coraggiose”, oltre che ascolto rispettoso e amorevole. Il “discernimento” richiesto per i separati e i divorziati deve tenere conto della sofferenza di chi subisce ingiustamente la separazione e il divorzio, sulla strada di un perdono possibile con la Grazia.

La relazione dà conto della necessità, espressa dai padri sinodali, di rendere più accessibili e agili le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Nel documento si legge che in discussione c’è stato un dibattito tra chi sostiene la disciplina attuale sulla possibilità di accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia per i divorziati risposati, e chi invece si sono espressi per una maggiore apertura “a determinate condizioni”, con un precedente cammino penitenziale. “Si tratterebbe di una possibilità non generalizzata, frutto di un discernimento sttuato caso per caso, secondo una legge di gradualità”. “Suggerire di limitarsi alla sola “comunione spirituale” per non pochi Padri sinodali pone alcuni interrogativi: se è possibile la comunione spirituale, perché non poter accedere a quella sacramentale? È stato perciò sollecitato un maggiore approfondimento teologico a partire dai legami tra sacramento del matrimonio e Eucaristia in rapporto alla Chiesa-sacramento. Parimenti va approfondita la dimensione morale della problematica, ascoltando e illuminando la coscienza dei coniugi”.

Alcuni punti sono dedicati all’accoglienza delle persone omosessuali: “Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners. Inoltre, la Chiesa ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli”. Un punto però i padri sinodali sottolineano con fermezza: “Le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna”, né è accettabile che “si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologie del gender”.

Nell’ultima parte, la Relazione riprende i temi dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI e si concentra sulla questione dell’apertura alla vita, definendola “esigenza intrinseca dell’amore coniugale”. Di qui, il bisogno di un “linguaggio realista” che sappia spiegare “la bellezza e la verità” di aprirsi al dono di un figlio, anche grazie ad un “adeguato insegnamento circa i metodi naturali di regolazione della fertilità”. Centrale, inoltre, la sfida educativa, in cui la Chiesa ha “un ruolo prezioso di sostegno” alle famiglie, per sostenerle nelle scelte e nelle responsabilità. Infine si esamina la sfida della denatalità e dell’apertura alla vita.

Il relatore ha elaborato il testo presentato oggi insieme a un nutrito gruppo di lavoro nel quale c’erano anche due vescovi teologi di grande prestigio, l’italiano Bruno Forte e l’argentino Victor Manuel Fernandez. “Non si tratta – rileva in conclusione – di decisioni prese nè di prospettive facili. Tuttavia il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo potranno guidarci a trovare vie di verità e di misericordia per tutti”.

Il briefing in Sala Stampa

A fine mattinata la Relazione è stata presentata ai giornalisti, presenti i cardinali Erdo e Tagle, monsignor Forte e il portavoce padre Lombardi. Monsignor Forte ha spiegato che “la logica vincente non è mai stata quella del tutto o niente, ma quella della pazienza del divenire, dall’attenzione alle complessità delle situazioni. La Relatio ha recepito questo spirito di compagnia, di accompagnamento e di progressività”.

 

 

 

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